La Spiritualità

La spiritualità di Francesco Paolo Gravina

Francesco Paolo Gravina di Palagonia è un laico e tale rimane, dopo la separazione dalla moglie, quando decide di restare fedele al Sacramento.Sposatosi a 19 anni con la principessa Nicoletta Filangeri e Pignatelli, se ne separa all’età di 29 anni per la condotta della moglie che era innamorata di un altro.”La sua stessa vita fisica e morale appariva inizialmente demolita e l’uomo che, quando questo avveniva non era un santo, dovette compiere una sforzo enorme per risalire la china dell’esistenza. Per tradizione si colloca in questo doloroso momento, chiamato dalle antiche testimoni la conversione,il suo ingresso nel Terz’ Ordine Francescano, ..”  ( Pag. 23 ).
“Francesco Paolo Gravina rimane dunque dinanzi a Dio in quello stato in cui è quando ne ode la voce. La sua condizione secolare resta il luogo nel quale gli viene rivolta la chiamata di Dio. 
E’ un luogo presentato dai documenti in termini dinamici, così egli continua a vivere nel secolo, cioè implicato in tutti e singoli i doveri e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale di cui la sua esistenza è intessuta.”.
( Pag. 22 ). “Per l’età nella quale prende coscienza della propria vocazione, egli è un uomo chiamato nel meriggio della vita a lavorare nella vigna del Signore. Guarda in faccia il suo mondo, con i suoi valori e problemi, le sue inquietudini e speranze, le sue conquiste e sconfitte, si rimbocca le maniche e si pone al lavoro: quella è la vigna, quello è il campo nel quale è chiamato a vivere la sua missione, il mondo vasto e complicato della realtà sociale, dell’economia e- marginalmente –  della politica.”.Francesco Paolo, dopo un anno di vita ritirata, scopre attraverso la strada del fallimento e della sofferenza, “Gesù nei poveri e i poveri in Lui.” ( Pag. 49 ).Egli “..non si liberò mai dalla malinconia nata dalla separazione dalla moglie, che amò sino alla fine.”  ( Pag. 48 ).”Si dedica alla carità spicciola, poi, nel 1835, scrive la sua lettera di accettazione dell’incarico di occuparsi dei mendicanti di Palermo.E’ una lettera di gioia, per cinque mesi non ha pensato ad altro, è la svolta della sua vita, è la sua missione.”  ( Pag. 48 )
Si occupa del Deposito dei Mendici e fonda anche una Congregazione religiosa “Le Figlie della Carità” del Principe di Palagonia.In un periodo storico in cui i mendicanti venivano chiusi in carcere, egli si preoccupa della loro dignità umana e quindi che avessero un ricovero dove essere alloggiati, curati, sfamati, e potessero imparare un lavoro.
“La sua carità è sostanziata di giustizia, il suo desiderio di riscattare dalla povertà è sorretto dalla volontà di ricostruire l’uomo tutto, offrendogli, insieme al pane e a un tetto, l’insegnamento cristiano, l’educazione alla convivenza civile ed il lavoro.E’ la totalità dei bisogni dell’essere umano che è oggetto dell’opera di Francesco Paolo Gravina”. (  Pag. 26 )
Pur avendo l’incarico pubblico per assistere i poveri è pur vero che spesso sopperirà con le sue stesse sostanze alle necessità, non indifferenti, per mantenere più di 1000 poveri. Esiste una serie di lettere da cui si trae quante volte egli sollecitasse le autorità per avere dei contributi economici, richieste non sempre prese in considerazione.
Purtroppo pochi sono gli scritti personali del Principe, dato che, per la sua riservatezza, preferì bruciare anche dei libretti 
di appunti (borri).Da poche frasi si ricava che la spiritualità del Principe di Palagonia era per prima cosa vivere nell’ubbidienza a Dio, giorno per giorno. “Amare sino alla fine è sembrato il fulcro dell’esistenza del Servo di Dio Francesco Paolo Gravina.” ( Pag. 180 ) “..al vertice di ogni manifestazione del suo amore fattivo e silenzioso, per Francesco Paolo sta la volontà del Padre. L’umile servo di Dio, l’unica volta che apre la sua anima perché vi si legga dentro con chiarezza, in cinque solenni frasi consecutive afferma, facendo eco alle parole del Maestro: 
–   Dichiaro che ho inteso di ubbidire alla Suprema Divina Volontà, manifestatami in tutte quelle circostanze di mia vita in cui mi ha posto Iddio Onnipotente.
–  Iddio infatti mi ha voluto privare di figlioli e di qualsivoglia discendenza, ed in ciò riconosco l’impenetrabile decreto dell’Altissimo…
– E come meglio poteva manifestarmi l’Altissimo di essere sua suprema assoluta volontà che io deponga ogni fasto di famiglia e di perpetuazione del mio nome…?
– Riconosco del pari suo sovrano Volere, che il mio patrimonio serva sopra di ogni altra cosa in sollievo di infelici e nel promuovere sempre più la gloria delle sue divine misericordie.
–  “Seguendo dunque gli alti destini indicatimi dalla divina Volontà…” ( Pag. 181 )
“E’ il suo messaggio. A coloro che vorranno seguirlo ed imitarlo basterà.”  ( Pag. 66 ).
“.. Francesco Paolo Gravina, che non ha lasciato messaggi espliciti di ammaestramento, è ugualmente e nonostante tutto ciò, un maestro dello spirito.La sua vita è un messaggio, quelle parole che scriveva per altri scopi sono un messaggio.
Amare, fare tutto ciò che l’amore suggerisce, e l’amore può suggerire cose incredibili nelle circostanze adatte, perfino di fondare una congregazione di suore e non riuscire per questo a sentirsi un fondatore.
Il suo stile di vita è il messaggio, è una sorgente ritrovata, alla quale  – come alle pagine di un trattato scritto – ci si può dissetare di sapienza e di luce.….Non prete né frate, non predicatore né direttore di anime, ma principe, sindaco ed amministratore di opere civiche, visse la carità con un’intensità che trasmise direttamente alle sue suore senza aver mai fatto a loro una conferenza o scritto un libretto di consigli spirituali. Quell’intensità che è riuscita a superare il silenzio di duecento anni per arrivare fino a noi, presuppone un’intima vita di unione con Gesù, fecondata dal suo spirito con la meditazione della sua parola. Una vita intima intensa, un fuoco interiore alimentato senza riposo, che innalza e illumina.” ( Pag. 68 ).
“..Francesco Paolo fu casto, in un mondo corrotto e ipocrita, come quello dell’alta società del primo Ottocento. 
Una cultura edonistica, che slega la sessualità da ogni norma morale oggettiva riducendola a gioco e consumo, e che oggi ha gettato la maschera, ma che negli anni del Servo di Dio si copriva solo di un manto di ipocrisia, lo assediò certamente. 
Il suggerimento del mondo conteneva il ricordo seducente di come la grande ricchezza avrebbe consentito al giovane principe ogni licenza, Per tutta risposta egli entrò nel Terzo Ordine Francescano e cinse quel cordone bianco di castità che avrebbe portato – invisibile – per tutta la vita, fino a svelarne l’esistenza il giorno della morte.
Quanto è creduto impossibile dai più – l’osservanza della castità perfetta – diventa per lui, con la grazia del Signore, possibile e autenticamente liberante. Il suo esempio di castità, vissuto in un mondo schiavo dei sensi, offre un punto di riferimento rasserenante.” ( Pag. 175 ).
Il Principe muore all’età di 54 anni e nel testamento mistico lascia anche una somma destinata per fare celebrare le 
S. Messe per la moglie ancora viva.La vedova sposò poi il suo compagno, non ebbe figli, ma diventò donna di preghiera tanto che i parenti del marito conservavano un libro di preghiera e la corona del rosario della principessa.

( Liberamente tratto dal testo di U. Castagna, Amare sino alla fine, Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2001).